Il settore dell’orticoltura protetta è in continuo sviluppo grazie alla ricerca scientifica. In questo senso, le colture idroponiche o fuori terra (dal greco “Idros”, acqua e “Ponos”, lavoro) giocano un ruolo fondamentale. Si tratta dell’ insieme di tecniche di coltivazione al di fuori del terreno agrario, che permettono evadere i problemi di stanchezza del terreno e l’eccesso di trattamenti fitosanitari.
Praticate dal popolo egizio, azteca e presenti nei giardini di Babilonia, le colture idroponiche sono diventate commerciali negli anni ’20 in California. Si trattava del sistema Gericke, attraverso il quale le radice delle piante prendevano i nutrienti da un supporto forato contenuto in un recipiente. La stessa tecnologia è stata utilizzata dall’esercito degli Stati Uniti per fornire di verdure le truppe durante la seconda guerra mondiale.
Queste tecniche, piuttosto costose e di difficile installazione, sono state ulteriormente migliorate dalla continua ricerca di Olanda, Inghilterra e Giappone, paesi questi di ridotte dimensioni e alta domanda alimentare.
Malgrado la coltivazione idroponica non sia ancora una tecnica molto diffusa, certe problematiche mondiale fanno pensare ad un progressivo incremento della sua partecipazione nel settore agricolo, come la necessità di ridurre i costi e migliorare la produzione, l’aumento dell’inquinamento ambientale legato all’agricoltura intensiva e la carenza di risorse quali acqua, lavoro, energia.
I sistemi di coltivazione idroponica si classificano secondo il tipo di substrato che utilizzano, il metodo irriguo per l’apporto di nutrienti alla pianta e l’uso o meno della soluzione nutritiva drenata.
Uno dei principali vantaggi che offre questo sistema di coltivazione fuori terra è quello della riduzione nei tempi di sviluppo dei vegetali. Difatti, attraverso le colture idroponiche si ottiene una crescita e maturazione anticipata delle piante. Questo accade perché le condizioni ambientale per il suo sviluppo vengono mantenute sotto controllo in ambienti artificiali o serre, con un apporto superiore di ossigeno all’apparato radicale che permette alle piante respirare con maggior facilità e accelerandosi il loro metabolismo. Più breve è il ciclo, meno energia elettrica viene consumata per il mantenimento di questo ambiente artificiale, e inoltre, le possibilità di contrarre malattie è ulteriormente ridotta.
Inoltre, le condizioni di lavoro dall’impianto alla raccolta sono migliori, anche con controllo delle effettive esigenze colturali.
Tuttavia, è anche concessa la coltivazione idroponica all’esterno.
Per quanto riguarda la produttività, nel caso delle coltivazioni idroponiche, questa è superiore quando viene misurata a metro, grazie ad una maggiore densità di piantine e alla riduzione nelle possibilità di attacco da parte dei patogeni della terra.
Tutto sommato, la qualità del prodotto in post-raccolta migliora considerevolmente. Questo si spiega anche perché gli ortaggi prodotti attraverso questo sistema non contengono i resti di sostanze chimiche che spesso vengono utilizzate per la sterilizzazione del terreno e sono più puliti.
Dal punto di vista nutrizionale non presentano invece differenze con i prodotti coltivati tradizionalmente a suolo.
La coltivazione idroponica è considerata una tecnica di coltivazione eco-compatibile in quanto non prevede geosterilizzazioni ed è basso l’impiego di acqua e fertilizzanti. La qualità dei prodotti è molto apprezzata dal mercato non solo per gli aspetti tradizionali (freschezza, gusto e sapore), ma anche per le condizioni di produzione (responsabilità ambientale e sociale) e la sicurezza del prodotto.