Se la psicologia si è da sempre concentrata sull’uomo, esaminando prevalentemente l’interiorità, le emozioni e le personalità, la biografia, i vissuti, la psicologia ambientale, in modo complementare, mette fuoco il tema di quanto e come il comportamento umano è influenzato dal luogo in cui si è inseriti. Ma anche di quanto l’uomo è capace di cambiare i propri ambienti di vita (si pensi alle questioni climatiche ed ecologiste), visto che l’uomo con il suo comportamento è l’essere che più di ogni altro può avere effetti distruttivi e nocivi sull’ambiente. Nei capitoli precedenti si è detto di come l’urbanistica debba occuparsi anche di cibo, clima, acqua e di sicurezza alimentare ed anche come siano in particolare le città a subire, e determinare, grandi cambiamenti ambientali, climatici, sociali ed economici, in quanto grandi agglomerati urbani ed umani. Di conseguenza, ristrutturare il patrimonio edilizio nazionale vuol dire affrontare le sfide dei cambiamenti climatici e rendere più belle e vivibili le nostre città, andare incontro ai nuovi stili di vita più sobri e responsabili; aumentare l’efficienza energetica riducendo al contempo i consumi, l’inquinamento e le bollette; garantire la sicurezza antisismica, migliorare la qualità della vita di proprietari e inquilini nonché aumentare il valore degli immobili. Bisogna puntare verso quella Nuova Edilizia che è già in marcia e che incrocia le sfide della sicurezza antisismica, dell’efficienza energetica, della riqualificazione e rigenerazione urbana. Negli ultimi anni in Italia sono stati attivati incentivi fiscali che mirano a sostenere la riqualificazione nel comparto immobiliare. Al consolidato Ecobonus (credito di imposta per ristrutturazioni e bonus per efficienza energetica) si sono aggiunti il “Sismabonus” e il “Bonus Verde”. Nel 2017 gli incentivi per le ristrutturazioni hanno prodotto più di 28 miliardi di investimenti attivando oltre 418 mila posti di lavoro tra diretti e indotto. Migliorare materiali e prestazioni risulta indispensabile per ottimizzare gli interventi, così come agire sulla formazione degli operatori sui temi del green building. In futuro, infatti, più che consumare energia, i nostri edifici la produrranno, rendendosi attivi e autosufficienti. Le imprese lo hanno capito: tra 2014 e 2017 le aziende del settore costruzioni che hanno investito in prodotti e tecnologie green sono state oltre 34.000, il 20,8% del totale delle imprese. A ciò va aggiunto il settore della “green economy” che è stata, in questi anni difficili, la migliore risposta alla crisi, una strada che guarda avanti e affronta le sfide del futuro incrociando la natura profonda della nostra economia: la spinta per la qualità e la bellezza, la coesione sociale, naturali alleate dell’uso efficiente di energia e materia, dell’innovazione, dell’high-tech. Una coraggiosa e vincente evoluzione di sistema avviata “dal basso”, che si basa su investimenti e produce lavoro, sostiene la coesione delle comunità e si intreccia con il territorio. Al crescere degli investimenti green, aumentano anche il fatturato e gli occupati. Un dato interessante riguarda l’economia circolare, in cui l’Italia ha una posizione di assoluta leadership in Europa: pur essendo il secondo Paese manifatturiero dell’Unione, ha il più basso consumo pro capite di materia. Il nostro è il Paese europeo con la più alta percentuale di riciclo sulla totalità dei rifiuti: il 79%, contro il 38% della media Ue, il 55% della Francia e il 43% della Germania”
Le manifestazioni studentesche del 4 ottobre e del 29 novembre del movimento globale “Friday for future”, hanno portato le tematiche ambientali alla ribalta della cronaca e sviluppato anche una capacità di influenzamento della politica (esempio: tassa sulla plastica, azioni “plastic free”, ecc.).
Nelle scuole italiane il 73,9% dei 1.012 dirigenti scolastici intervistati dal Censis pensa che l’etica ambientalista degli studenti sia cresciuta. Il 60,9% ritiene che i propri alunni siano molto sensibili e partecipi delle esperienze che la scuola propone al riguardo. Il 17,4% riferisce che sono loro stessi a farsi promotori di una nuova etica ambientale presso le famiglie, per il 12,9% spesso si fanno latori di nuove iniziative presso le scuole stesse. Nell’87,9% degli istituti si è optato per una ottimizzazione dei materiali di consumo e nell’85,3% 56 per la riduzione, il riutilizzo e il riciclo dei rifiuti.
La salute e la corretta alimentazione degli alunni hanno rappresentato gli ambiti di intervento nel 66% delle scuole, dove sono stati aboliti cibi preconfezionati (snack, merendine, bibite gassate, ecc.) dai distributori automatici installati nei plessi scolastici (42,5%) o sono stati rimossi i distributori automatici, introducendo snack e merende preparate a scuola con cibi sani e prodotti locali (23,6%).
Vi sono poi molti progetti finalizzati all’abolizione dell’uso della plastica a scuola, con la fornitura di borracce o l’installazione di distributori per l’acqua. Il 68,7% dei dirigenti di scuole dell’infanzia, primarie e secondarie di I grado, e il 24,3% di quelli delle scuole secondarie di II grado hanno attivato orti scolastici. Nel 49,2% delle scuole gli studenti sono coinvolti in attività di giardinaggio e manutenzione del verde scolastico. Sempre in ottica di cambiamenti di comportamenti, anche la “micromobilità” ha visto una evoluzione degli spostamenti urbani di corto raggio. In Italia il 52,2% degli spostamenti sistematici all’interno dei centri urbani con oltre 50.000 abitanti ha una durata inferiore a 15 minuti. L’11,2% degli occupati e il 34,4% degli studenti utilizzano una combinazione di mezzi di trasporto diversi.
Risulta essere in questo doppio ambito (spostamenti urbani brevi o intermodali) che si sta verificando una piccola rivoluzione in relazione a due fattori: l’elettrificazione dei mezzi e la sharing mobility. Sono comparsi sul mercato, e quindi sulle nostre strade, monopattini elettrici, hoverboard, segway, monowheel. Si stanno diffondendo anche le e-bike, cioè le biciclette elettriche a pedalata assistita. Nel solo 2018 ne sono state vendute 173.000, con una crescita del 16,8% rispetto all’anno precedente. Si segnala inoltre la notevole crescita del noleggio di autoveicoli e il suo peso crescente sull’immatricolato complessivo, che si attesta oggi al 22,6%.
L’emergenza climatica e l’introduzione di nuovi comportamenti energetici Il WMO, l’Organizzazione Mondiale dei Meteorologi, a settembre ha certificato che nel quinquennio 2015- 2019 si è registrata una temperatura media globale superiore di 1,1 gradi centigradi rispetto a quella rilevata nel periodo pre-industriale. Un numero sempre più vicino alla soglia di 1,5 gradi indicati dagli scienziati dell’IPCC come quella da non superare se non vogliamo innescare processi non prevedibili e non controllabili. Cosa fare? Si deve accelerare nello shift da fossili a rinnovabili. Il costo che dovremmo sostenere se continuiamo a stare fermi sarà incalcolabile. Come si è detto il costo di conversione delle rinnovabili si è ridotto in maniera drastica. E così sta succedendo per i sistemi di accumulo che ovvieranno all’unico deficit di molte rinnovabili: la loro intermittenza. Ormai in molte parti del mondo (quelle più soleggiate) il fotovoltaico si aggiudica sistematicamente le aste contro il fossile (anche il carbone). E anche alle nostre latitudini per chi consuma molto diventa conveniente autoprodursi l’energia con il sole: siamo vicini alla grid parity. Non ci sono barriere tecnologiche, si devono superare le resistenze locali e i freni assai robusti che provano a mettere nel sistema normativo le lobby fossili. Un’altra cosa da fare è promuovere l’efficienza energetica. Mettendo da parte timidezze che fino adesso hanno penalizzato questo settore assai promettente anche dal punto di vista industriale, rendendo permanenti le detrazioni fiscali in edilizia residenziale e i superammortamenti in quella industriale. Puntando su una mobilità nuova, che privilegi altri modi di spostarsi rispetto all’auto privata (mezzi pubblici, bicicletta, sharing), e promuova l’elettrificazione nei trasporti, e dia adeguato spazio ai biocombustibili avanzati, a partire dal biometano, soprattutto nel trasporto pesante. Devono contemporaneamente essere tolti gli ostacoli allo sviluppo di eolico (di piccola e di grande taglia, on shore e off shore), del fotovoltaico (soprattutto promuovendo autoconsumo e micro grids); si deve finalmente agevolare il repowering degli impianti esistenti, liberandoli da adempimenti autorizzativi barocchi e ridondanti. Il governo deve finalmente promulgare il decreto (atteso da anni) che incentivi quelle rinnovabili ancora non mature, ma interessantissime per lo sviluppo futuro: il geotermico (quello di piccole dimensioni e quello a ciclo chiuso), il solare termodinamico, le biomasse sostenibili. Ma soprattutto bisognerà, come dice la stessa direttiva europea, rendere finalmente possibile dare vita alle comunità energetiche e promuovere, estendere i Power Purchase Agreement. Insomma puntare sull’autoproduzione con forza e radicalità in modo da far capire i vantaggi delle rinnovabili. La psicologia ambientale avrebbe ampi margini di azione in questo settore: promuovere comportamenti, utilizzi di incentivi (a partire con i vantaggi fiscali degli “ecobonus” della Legge finanziaria), operare su aspetti cognitivi quali le scelte di acquisto in campo di mobilità, energia, abitare, ecc., agire sulla consapevolezza e sulle possibilità di cambiamenti di abitudini delle persone, che insieme, possono contribuire alla salvaguardia del Pianeta, ma soprattutto alla sopravvivenza dell’uomo sulla Terra (infatti questa continuerà ad esserci).